Da molti anni in Neuroscienze sono noti i rapporti tra affettività e sistema immunitario e si sono così sviluppati da far nascere una nuova disciplina la PsicoNeuro Endocrinoimmunologia.
In questa breve nota vorrei però focalizzare l’attenzione sul rapporto tra solitudine e cervello.
Nel gennaio di quest’anno è apparso su Pychiatry on line Italia un articolo in proposito a firma di Francesco Bottaccioli, primo presidente della Società Italiana di PNEI ed autore di numerosi libri sull’argomento.
Nel testo vengono riferiti i risultati di un gruppo di studiosi californiani che hanno a loro volta revisionato gli studi più accreditati, incentrati sul rapporto Isolamento-Sistema immunitario, giungendo alla conclusione che in bambini, giovani, anziani, maschi o femmine, si crea un profilo psicologico caratterizzato da ansia, paura, anche di ricevere valutazioni negative da parte degli altri, con incremento, fino al raddoppio, degli indici di infiammazione.
In poche parole “il sistema immunitario di persone che vivono e si sentono sole è segnato in senso infiammatorio”
Un report scientifico apparso sul New England Journal of Medicine alla fine del 2019 e relativo agli effetti della solitudine su operatori tedeschi, impegnati a lavorare in Antartide per 12 mesi, avrebbe mostrato addirittura una “riduzione” di parti importanti del cervello che presiedono a funzioni cognitive e memoria.
In conclusione la socialità è un fattore di salute importante che non va trascurato, nemmeno nell’epoca del corona virus, e quando essa non può manifestarsi con la vicinanza fisica deve utilizzare tutti i mezzi messi a disposizione, in epoca moderna, dal telefono a quelli che appunto si chiamano “social”.
Difatti qui si pone l’accento non tanto sull’essere soli ma sul sentirsi soli che è sentimento diffuso specie in alcune fasce di età (giovani e anziani soprattutto).
Ecco perché è importante per i Servizi Sociali e Sanitari che istituiscono numeri verdi non solo aspettare le telefonate ma soprattutto farle e, nei limiti del possibile, far visita alle fasce deboli della popolazione.
E’ necessario perciò avere fiducia, nutrire speranza e reagire correttamente alla paura ed alla solitudine anche per combattere un altro agente tossico: la paranoia. Vale a dire quel meccanismo perverso per cui è necessario individuare un nemico, un untore sul quale scaricare la colpa dell’epidemia e quindi aggredire con ogni mezzo. Accade così che la diffidenza e il sospetto avvelenano l’esistenza e provocano un confinamento astioso fonte di sofferenza psichica.
Benvenuti, invece, i canti e la musica dai balconi, i sorrisi delle persone che si sacrificano e della gente che rispetta le regole, le funzioni religiose in streaming: essi sono inni di comunità, segnali di appartenenza a quel genere umano nato per stare insieme, che non si isola, non si arrende e fa sperare che tutto andrà bene!
Dr. Antonio Tomasetti
(Ex Primario di Psichiatria)