Indagine sugli scarichi abusivi nel fiume Sabato, dopo sei anni “riaffiora” una megamulta


La Regione Campania ha notificato al Comune un avviso di pagamento di 42mila euro relativo ad un verbale del 2014 che nessuno ha mai provveduto a pagare o contestare facendo lievitare le spese di almeno 6mila euro

Nel mese di febbraio è riemersa tra gli uffici di Palazzo di Città, in un certo senso dalle acque del Sabato, una vecchia storia di scarichi abusivi affrontata nel 2014 – e in parte risolta, per lo meno sul piano tecnico – che però continua a destare attenzione e clamore. In particolare, sugli effetti legali e sanzionatori che questa vicenda avrebbe prodotto nel corso degli anni, a carico del sindaco di allora, Paolo Spagnuolo, ma anche a carico dell’Ente, oggi come allora, anche se, sentito a riguardo, il sindaco attuale Giuseppe Spagnuolo non è sembrato particolarmente preoccupato: «Siamo al corrente della comunicazione, ma al momento mi sento di confermare che non c’è coinvolgimento degli uffici comunali nella contestazione. È una vicenda delicata e la tratteremo con tutta l’attenzione del caso».

Parliamo di circa sette anni fa: Verso la fine del mese di ottobre, quando la Procura della Repubblica di Avellino dispose delle verifiche per accertare eventuali sversamenti abusivi nel tratto urbano del fiume Sabato, da via Tiratore a via Santi Sabino e Romolo. Con l’intervento congiunto dei Carabinieri di Atripalda – al comando del maresciallo Costantino Cucciniello -, insieme con due tecnici dell’Arpac, l’ing. Aquino, il geom. De Cicco ed alcuni operai dell’Ufficio tecnico, furono ispezionati una serie di scarichi e prelevati campioni d’acqua, a monte, a valle e in corrispondenza degli scarichi individuati, da fare analizzare successivamente in laboratorio. L’indagine ambientale si allargò fino al tratto del Fenestrelle nei pressi di c.da Fellitto. 

Quello che emerse è abbastanza noto: in almeno sei punti – a quanto ci riferisce il Settore Ambiente – furono rilevate tracce di inquinanti ben oltre il limite consentito dalla legge, così come appurato dall’Arpac dopo aver analizzato i diversi campioni. In particolare, si trattava di residui domestici, a conferma di un’ipotesi nel corso degli anni diventata abbastanza “solare”, corroborata dal colore e dagli effluvi maleodoranti delle acque, e cioè che le fecali di alcune abitazioni scaricavano direttamente nel fiume Sabato. Tre di questi scarichi abusivi furono localizzati nel tratto urbano, in via santi Sabino e Romolo, su entrambi i lati del fiume, mentre un quarto si trovava in contrada Fellitto, di proprietà del Comune. 

Proprio su questo punto, si concentrarono gli sforzi dell’Ente, per sanare la situazione di illegalità e di rischio ambientale in corso.

A seguito delle inadempienze riscontrate, i Carabinieri hanno emesso regolare verbale di contestazione delle stesse, notificato al sindaco Paolo Spagnuolo, quale massima autorità sanitaria del territorio, all’Ente e, per conoscenza, alla Regione Campania. Tale verbale ha dato luogo ad un provvedimento sanzionatorio, ad opera di una o più agenzie facenti capo alla sezione ambientale della Regione. Sei i punti di sversamento irregolare contestati, ciascuno dei quali sanzionato con la cifra di € 6mila.

Il verbale avrebbe potuto essere contestato sia dal sindaco, quale debitore principale, sia dal Comune quale obbligato in solido, mediante scritti difensivi o mediante richiesta di audizione a discarico di sé stessi. Solo la difesa rigettata avrebbe comportato l’ingiunzione di pagamento di cui sopra contro i comparenti. Secondo una sentenza della III sez. penale della Corte di Cassazione (n. 572 del 2009), infatti, «spettano agli organi elettivi (tra cui il sindaco) i poteri d’indirizzo e di controllo (negli stessi rientrando il compito di predisporre presidi necessari per l’assolvimento degli obblighi in materia di tutela ambientale), mentre soltanto la gestione amministrativa è attribuita ai dirigenti. Perciò sussiste la responsabilità del sindaco quando egli non eserciti efficacemente tali poteri in materia ambientalistica (fattispecie in tema di scarichi in acque superficiali di reflui civili provenienti da rete fognaria comunale)».

Avverso, inoltre, tale ingiunzione, gli attori avrebbero potuto fare ricorso al tribunale civile. Di questa opzione, all’Albo Pretorio non c’è traccia, né di indicazione di un legale per la procedura difensiva, né della succitata ingiunzione di pagamento. Nel frattempo, come noto, la guida dell’Amministrazione comunale passa di mano da Paolo a Giuseppe Spagnuolo, e anche in questo lasso temporale non risultano procedimenti difensivi da parte dell’Ente. Si arriva così ai tempi nostri, quando la società addetta al recupero crediti incaricata dalla Regione Campania, ovvero la RTI Municipia s.p.a – Abaco s.p.a, emette una cartella di pagamento che da 36mila è lievitata a 42mila euro, inviata appunto a entrambe le parti in causa. A questo atto, sarebbe stato possibile entro 60 giorni procedere a ricorso, ma solo per vizio di forma o errore di notifica, cosa che pare non sia avvenuta, visto che continua a non emergere una traccia difensiva in questo senso. Termine, a questo punto, che dovrebbe essere ufficialmente scaduto dopo la ricezione della missiva a febbraio. Pagamento che, come detto, non è arrivato da nessuna delle parti. Ora, la procedura esecutiva di recupero coattivo del credito esporrebbe molto più facilmente l’Ente ad una chiamata in causa da parte del Tribunale, tramite pignoramenti, ipoteche ecc. Procedura che andrebbe poi formalizzata con la certificazione di un debito fuori bilancio in modo da saldare l’ammanco amministrativo. In tema di sanzioni amministrative, infatti, secondo la legge 689 del 1981, all’art. 6 si precisa che «se la violazione è commessa dal rappresentante o dal dipendente di una persona giuridica o di un ente privo di personalità giuridica o, comunque, di un imprenditore nell’esercizio delle proprie funzioni o incombenze, la persona giuridica o l’ente o l’imprenditore è obbligato in solido con l’autore della violazione al pagamento della somma da questo dovuta». Non solo, si precisa che «chi ha pagato ha diritto di regresso per l’intero nei confronti dell’autore della violazione». In questo caso, nel caso in cui il Comune dovesse “cedere” al pagamento, potrebbe rifarsi sull’attuale capogruppo dell’opposizione.

Le domande in sospeso, dunque, sono molte: certificata la coobbligazione della sanzione, perché l’Ente non si è mosso con una procedura difensiva, sia con la vecchia che con la nuova Giunta? Gli uffici coinvolti e interessati dalla vicenda – settore Ambiente e Ufficio tecnico – è possibile che non abbiano informato il sindaco in carica sulla pendenza in corso? Al di là del valore economico della sanzione – eventualità a cui ogni tipo di amministrazione è sottoposta – è possibile che sia il valore politico della vicenda a prevalere, a scapito di quello ambientale? E se questo poteva valere all’epoca dei fatti, con uno scontro istituzionale abbastanza muscolare in atto tra sindaco e Arma, oggi, e a maggior ragione in vista della prossima tornata elettorale, che conseguenze potrà assumere? E soprattutto, chi e come pagherà il dovuto? 



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