Le ditte concessionarie si ritirano dall’appalto, sfuma la riqualificazione contrada Alvanite


A distanza di cinque anni dall’aggiudicazione dell’intervento le imprese si sarebbe sfilate: sfuma il sogno di un quartiere più moderno e sicuro

Una delle tavole del progetto Alvanite Quartiere Laboratorio

Dopo un decennio di attesa le speranze di riqualificazione di contrada Alvanite sembrano essersi definitivamente spente: le due imprese, infatti, che nel 2016 si aggiudicarono l’appalto per la realizzazione del “Programma regionale di edilizia sociale – piano nazionale di edilizia abitativa – Alvanite quartiere laboratorio” per l’importo di 8,5 milioni di euro, avrebbero definitivamente rinunciato all’intervento. 

Le ragioni non sono del tutto note, ma sembra che, a cinque anni dall’aggiudicazione dell’appalto, avvenuto nell’ottobre 2016, ancora non ci sia stata la stipula del contratto. E non è chiaro se siano state proprio le lungaggini burocratiche a spingere il concessionario (l’Ati formata da Costruzioni Italia srl di Aversa e Siti srl di Napoli) a fare marcia indietro, ritenendo, evidentemente, che a distanza di cinque anni, in piena pandemia, con la crisi del mattone e con il degrado galoppante della contrada, non vi siano più le condizioni per investire i 3,3 milioni di previsti nell’appalto.

Eppure, nonostante la Regione nel 2018 abbia modificato la convenzione dichiarandosi disposta a concedere il finanziamento di 4,7 milioni di euro in un’unica tranche e non più a rate, un campanello d’allarme era già suonato l’anno successivo, nel 2019, quando le ditte chiesero un tavolo tecnico con Regione e Comune per approfondire alcuni aspetti concreti, in particolare proprio sugli alloggi da destinare al Comune. Da allora più nulla, fino ad oggi che, dopo tante promesse vane, trapela la notizia del naufragio dell’intervento, un’operazione che nasce nel 2010, con il riparto alle regioni delle risorse del Piano nazionale di edilizia abitativa, a cui parteciparono 67 comuni campani ed a cui solo 4 (fra cui Atripalda) ebbero accesso. 

L’intervento, approvato in Consiglio comunale nel 2013, prevedeva un costo complessivo di 8,5 milioni di euro, di cui il 55% a carico della Regione (4,7 milioni di euro), il 40% a carico del concessionario (3,3 milioni di euro) e l’ulteriore 5% a carico del Comune (circa mezzo milione di euro) per la realizzazione di 72 alloggi e diverse strutture di servizio.

In particolare, 24 alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica sarebbero divenuti di proprietà comunale, 28 alloggi di Edilizia Residenziale Sociale sarebbero stati locati dal concessionario a canone sostenibile per 10 anni e altri 20 alloggi sarebbero stati ceduti dal concessionario a prezzo convenzionato. Circa due terzi degli appartamenti avrebbero riguardato vecchi alloggi abbattuti e ricostruiti mentre l’altro terzo, costruito ex novo, sarebbe servito ad ospitare le famiglie che a mano a mano avrebbero liberato gli appartamenti da abbattere e ricostruire.

Il progetto, denominato “Alvanite Quartiere laboratorio – Programma di edilizia residenziale sociale”, firmato dall’arch. Giuseppe Cocchi, dall’arch. Pina Cerchia, dall’ing. Giuseppe Rocchetta e dall’ing. Duilio Ronconi, a cui diedero un contributo, fra il 2010 ed il 2013, anche numerosi professionisti, amministratori e cittadini, inoltre, prevedeva, oltre agli interventi residenziali e alle opere di urbanizzazione, le seguenti attività: una ludoteca (Città dei bambini), un gruppo appartamento per anziani, una casa famiglia, un laboratorio formativo ambientale, una banca del tempo, la sede del comitato di quartiere e locali da adibire ad attività artigianali e commerciali di vicinato.

Ed, invece, se qualcuno ci aveva creduto, a questo punto dovrà rassegnarsi. Ed è perciò lecito chiedersi chi sarà chiamato a pagare il costo economico e sociale di un simile fallimento? il concessionario che si è tirato indietro oppure il Comune che, in qualità di stazione appaltante, aveva l’onere, in tempi che il Codice degli appalti individua in pochi mesi e non in anni, di procedere alla contrattualizzazione dell’appalto. Una vicenda destinata a finire certamente in tribunale perché qualcuno dovrà pur assumersi la responsabilità di aver buttato alle ortiche 4,7 milioni di finanziamento regionale e le speranze di rinascita di trecento famiglie. E ora, dopo più di dieci anni, chi glielo va a dire agli abitanti di Alvanite che la loro pazienza non è servita a nulla? Che il sogno di un quartiere più moderno e sicuro è sfumato? 

Aspettiamo sviluppi.



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