Un 43enne di Atripalda ha riportato lesioni irreversibili a causa della negligenza di un operatore del 118 che scambiò un infarto per un dolore intercostale, a distanza di cinque anni ottiene giustizia grazie all’avv. Mauro Alvino
Un medico del 118 è stato condannato per lesioni personali colpose nonché ad una provvisionale di 10mila euro quale “acconto” per i danni subiti da un atripaldese di 43 anni. I fatti si svolsero nella notte del 1° novembre 2015, quando i familiari chiesero l’intervento del 118 poiché l’uomo avvertiva forti dolori al petto, alle spalle e alle braccia fino all’altezza del gomito. Benché il 43enne avesse descritto tutti i sintomi, il medico del 118, dopo aver provveduto a visitarlo, concluse con la diagnosi di “dolori intercostali” per i quali era sufficiente stare a riposo ed assumere un antinfiammatorio, ritenendo del tutto inutile il ricovero in ospedale.
Confortato dalla diagnosi del medico, l’uomo assunse il farmaco prescrittogli fino al mattino successivo, quando i dolori lo convinsero a recarsi presso lo studio del proprio medico di base il quale provvide a sottoporre immediatamente l’uomo ad elettrocardiogramma, esperito il quale, senza indugio, esortò il 43enne a recarsi con urgenza presso il pronto soccorso, in quanto vi era un infarto in corso.
Giunto al “Moscati”, l’atripaldese fu sottoposto ad un intervento chirurgico di “angioplastica coronarica primaria ed impianto di stent medicato su occlusione del ramo discendente anteriore”. Inoltre, dalle cartelle cliniche si evinse che i sintomi notturni erano da qualificarsi, fin dall’inizio, come infarto e che il ritardo nel ricovero ospedaliero aveva causato danni irreversibili al cuore. In pratica a causa della erronea diagnosi del medico del 118, il 43enne aveva ritardato il suo ricovero presso il pronto soccorso e, conseguentemente, tale ritardo aveva causato all’uomo un danno permanente ed irreparabile al cuore.
Per tali fatti, il 43enne, assistito dall’avv. Mauro Alvino, sporse denuncia presso la locale Stazione dei Carabinieri di Atripalda – all’epoca guidata dal comandante Costantino Cucciniello – che in breve tempo individuò il responsabile della condotta colposa.
Nel corso delle indagini, su ordine del Pubblico Ministero, fu eseguita anche una consulenza medico-legale che stabilì che la condotta del medico del 118 non era stata conforme ai dettami della scienza medica ed alle relative linee guida. Proprio da qui nasceva, successivamente, il processo a carico del medico del 118 per il reato di cui all’art. 590 comma 2 c.p. anche in relazione all’art. 583 comma 2 e 3 c.p. – ovvero di lesioni colpose per errata diagnosi.
Dopo circa 3 anni di processo, che ha visto escussi diversi testimoni e consulenti, il Tribunale Monocratico Penale di Avellino, Giulio Argenio, ha accolto le richieste difensive della difesa del 43enne Atripaldese, ha condannato il medico del 118 per il reato di cui all’art. 590 c.p. nonché ad una provvisionale, pari ad euro diecimila, quale “acconto” per i danni subiti dal 43enne.